Aira Traduzioni, César Aira, Traduzioni

Le due bambole: un racconto di César Aira

Evita possedeva due bambole “Evita” a grandezza naturale, che aveva fatto fare apposta, identiche a lei e fra loro. Le occorrevano per il gran numero di atti a cui doveva assistere, in ragione dell’importanza che la sua figura aveva nel rituale peronista. L’idea originale era di farne fare una sola, per potersi duplicare e accontentare più gente con la propria presenza; ma poi le venne in mente che con lo stesso sforzo necessario per farne una se ne potevano fare due, e così avrebbe avuto più margine d’azione. In realtà, una volta fattane una, se ne potevano fare anche dieci, o venti, o mille; ma si limitò a due e basta, perché con due le sue necessità erano soddisfatte, e le sembrava scioccante avere una legione di repliche. Ai tedeschi che gliele fecero disse che le voleva entrambe ugualmente perfette perché, dato che non si può mai sapere cosa succederà, non avrebbe mai saputo quale delle due utilizzare. Non voleva avere una bambola “preferita” e una “di scorta”, bensì due bambole uguali. E le ebbe. Gliele consegnarono dentro due casse di nichel con chiusure di sicurezza, che vennero depositate in una stanza dall’accesso riservato della Residenza Presidenziale. I ciambellani della signora tiravano fuori una o l’altra, a volte tutte e due insieme, secondo le necessità dell’agenda, e per anni le bambole svolsero le loro funzioni senza che nessuno si accorgesse della sostituzione. Erano incredibilmente piccole, ma le misure erano state prese bene, e corrispondevano al millimetro al modello.

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Guillermo Cabrera Infante di César Aira

Nacque a Gibara, Cuba, provincia di Oriente, nel 1929. Nel 1941 si radicò all’Avana con la famiglia; interruppe gli studi (aveva pensato di diventare medico) per fare diversi mestieri e poi finire nel giornalismo. Nel 1954 fu responsabile della sezione di critica cinematografica del settimanale Carteles, di cui divenne caporedattore nel 1957. Fra il 1951 e il 1956 diresse la Cinemateca di Cuba, da lui fondata. Alcuni suoi racconti vinsero dei premi e furono raccolti in volume nel 1960 con il titolo Así en la paz como en la guerra. Nel 1959, con il trionfo della Rivoluzione, diresse l’Istituto del Cinema e l’importante supplemento letterario Lunes de Revolución, che poi venne chiuso nel 1961. Nel 1962 andò in Belgio come addetto culturale. Nel 1963 comparve una raccolta delle sue critiche cinematografiche, Un oficio del siglo XX, firmata con lo pseudonimo che aveva usato per pubblicarle originariamente, G. Cain. Nel 1964 il suo romanzo Vista del amanecer en el trópico vinse il premio Biblioteca Breve della casa editrice Seix Barral di Barcellona, ma il libro non poté essere pubblicato a causa della censura spagnola. Nel 1965 Cabrera Infante tornò a Cuba per i funerali della madre, rinunciò all’incarico diplomatico e tornò in Europa (è probabile che la sequenza di questi ultimi due fatti sia stata quella inversa); si insediò a Londra, dove ha vissuto da allora dedicandosi alla letteratura e occasionalmente alla scrittura di sceneggiature per il cinema.

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Julio Cortázar di César Aira

Nacque nel 1914 in Belgio, dove si trovavano casualmente i suoi genitori argentini. La famiglia rimase bloccata lì durante la Grande guerra, al termine della quale rientrò a Buenos Aires. L’infanzia dello scrittore trascorse a Banfield, in un ambiente del ceto medio che sarebbe diventato, cristallizzato per sempre, lo scenario sempre più anacronistico di molti dei suoi racconti. Fece gli studi magistrali e divenne professore di lettere. Insegnò nelle scuole medie di Bolívar e Chivilcoy, paesi della provincia di Buenos Aires, e nelle università di Tucumán e Mendoza. Fra il 1946 e il 1949 lavorò presso la Cámara del Libro. Nel 1951, grazie a una borsa di studio, se ne andò a Parigi, dove abitò fino alla morte; lavorò come traduttore per organismi internazionali. La sua militanza politica (su posizioni di sinistra romantiche sostenute con ardore e lealtà adolescenziali) lo portò in varie occasioni a Cuba e negli ultimi anni in Nicaragua. Tornò un paio di volte in Argentina, l’ultima quando era già malato, per rivedere la madre. Morì a Parigi nel 1984.
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Juan Carlos Onetti di César Aira

Nacque a Montevideo nel 1909. Dal 1931 visse a Buenos Aires, dove fece diversi lavori finché approdò al giornalismo, che divenne la sua professione più costante. Tornato a Montevideo, fra il 1939 e il 1941 diresse la rivista «Marcha», a cui rimase legato fino alla definitiva chiusura nel 1974; in quell’anno, dopo un penoso episodio poliziesco, Onetti si stabilì in Spagna, dove morì nel 1994. Il suo primo libro fu El pozo (1939), un romanzo molto breve che non sfigura rispetto all’opera matura dell’autore; è una storia che combina scrittura, fantasticheria e fallimento, i tre elementi fondamentali di Onetti. Tierra de nadie (1942) e Per questa notte (1943), a cui bisogna aggiungere Tiempo de abrazar, scritto prima dei precedenti, perduto, ritrovato e pubblicato nel 1974, sono prove straordinarie in cui si combinano le influenze di Faulkner, Dos Passos e Arlt. In La vita breve (1950), un romanzo lungo, compare lo scenario in cui si svolgerà il resto della sua opera: la città immaginaria di Santa María. Santa María è due volte immaginaria, perché nel romanzo sorge dalle fantasticherie di Brausen, un personaggio che riapparirà in narrazioni successive come fondatore, o padre della patria o direttamente Dio. (Occorre osservare che tutto il resto dell’opera di Onetti si sviluppa in questo secondo piano, di finzione dentro la finzione.) Un sueño realizado (1951) è il titolo del suo primo volume di racconti, genere nel quale fu altrettanto magistrale che nel romanzo. Gli addii (1954), Per una tomba senza nome (1959), La cara de la desgracia (1960) e Triste come lei (1963) sono romanzi brevi, fra le cose migliori che scrisse. Il cantiere (1961), romanzo, è stata giudicata la sua creazione più perfetta; è allucinatoria, poetica, più ricca di elementi onirici di altre opere dell’autore. Fu seguita da El infierno tan temido (1962), una raccolta di racconti, Raccattacadaveri (1964), romanzo, Jacob y el otro y otros cuentos (1965), La muerte y la niña (1973), romanzo breve, e il sorprendente romanzo lungo, di nuovo uno dei suoi migliori, Lasciamo che parli il vento, del 1980, anno in cui ricevette il premio Cervantes. Onetti trascorse i suoi ultimi anni di vita a Madrid, prostrato, e pubblicò altri due romanzi brevi: Cuando entonces (1987) e Quando ormai nulla più importa (1993).

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Octavio Paz di César Aira

Octavio Paz nacque a Città del Messico nel 1914. Scrisse poesie fin da giovanissimo; a diciassette anni fondò la prima di numerose riviste: Barandal; due anni dopo, Cuadernos del Valle de México. Fra il 1936 e il 1938 collaborò a Taller poético, che nell’ultimo anno si trasformò in Taller e avrebbe dato il nome alla generazione che cominciò a pubblicare sulle sue pagine (oltre a Paz: Efraín Huerta, Neftalí Beltrán, Alberto Quntero Álvarez e Rafael Solana); Paz diresse Taller dal quinto numero fino alla cessazione delle pubblicazioni nel 1941. Nel 1943 fondò un’altra rivista, El hijo pródigo. (Nel 1971 fondò e diresse Plural, fino al 1976, e subito dopo Vuelta, due riviste di grande diffusione in tutto il mondo di lingua spagnola.) Collaborò anche con la Revista Mexicana de Literatura e nel 1955 diede vita al gruppo Poesía en Voz Alta, che riunì poeti e drammaturghi. Nel 1937 era nella Spagna in guerra, all’inizio degli anni Quaranta visse negli Stati Uniti e nel 1945 entrò nel servizio diplomatico. Nel 1952 fece il suo primo viaggio in Oriente e fra il 1962 e il 1968 fu ambasciatore in India. Vinse numerosi premi: Il Gran Premio Internazionale di Poesia (1964), il Maldoror della casa editrice Seix Barral (1969), il Gran Premio dell’Università di Gerusalemme (1977), il Premio dell’Aquila d’oro di Nizza (1979), l’Ollin Yollitzli del Messico (1980), il Cervantes (1982) e quello dei Librai tedeschi (1984). Nel 1990 vinse il premio Nobel. Morì nel 1998.

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