Un diciottenne che scrive meteo per un giornale, vive con la madre nottambula, è pieno di rabbia e insegue il proprio doppio per le vie di Buenos Aires. Un avvocato che non esercita più e si impegna a sperperare fino all’ultimo soldo nel gioco d’azzardo e a scrivere saggi filosofici dai titoli improbabili, come Il professor Nietzsche e Clark Kent. Un giudice misantropo che vede gli uomini come gorilla, riceve minacciose telefonate anonime, si dedica a tradurre il Ritratto di Dorian Gray e sogna terribili orge di primitivi e pianure in fiamme. Un operaio, ex dirigente sindacalista, che il 1° maggio, dopo una battuta di caccia all’anitra, uccide la moglie.
Sono le quattro voci soliste di questa partitura dello scrittore argentino Juan Saer. Le loro vicende hanno punti di contatto ma non si intrecciano – in un solo momento cruciale del romanzo tre di loro s’incontrano, ma per pochi istanti – e i temi delle loro “confessioni” sono molto diversi: nel racconto di Ángel, il più lungo, prevalgono le inquietudini metafisiche, nelle pagine di Sergio sulle partite a carte si respira un’atmosfera opprimente, mentre il giudice descrive in modo quasi maniacale i suoi tragitti in macchina o le varianti della sua traduzione, e Luis fa uno scarno resoconto degli eventi della giornata in cui ha ucciso la moglie, evento di cui il lettore a questo punto è già informato. Non manca fra i personaggi un alter ego dell’autore, il giornalista e scrittore Carlos Tomatis, né mancano i riferimenti letterari diretti o indiretti, e soprattutto è onnipresente, benché non in evidenza, lo sfondo politico: le “cicatrici”, appunto, lasciate dalla sconfitta del peronismo, con il loro corteo di disillusione e rabbia.
La complessa struttura del romanzo è impeccabile e la prosa di Saer (e della brava traduttrice) sapiente, anche quando vuol risultare un po’ irritante. Col che si fa fatica a capire perché questo autore sconti tutt’ora un certo ostracismo da parte dell’editoria italiana.
Juan José Saer, Cicatrici, tr. di Gina Maneri, La Nuova Frontiera 2012.
(Pubblicato su Pulp nel 2012.)