Bolaño, Bolaño recensioni, Recensioni

Roberto Bolaño, 2666

È arrivato in libreria 2666, il romanzo postumo di Roberto Bolaño (nella traduzione di Ilide Carmignani) che Adelphi ha deciso di pubblicare in due volumi (il prossimo uscirà fra un anno). L’autore, consapevole del peggioramento delle sue condizioni di salute e preoccupato di garantire qualche introito alla famiglia, avrebbe voluto cinque volumi separati (tante sono le parti, dotate di relativa autonomia, in cui si divide 2666) e distanziati nel tempo. L’editore spagnolo però, in considerazione del carattere malgrado tutto profondamente unitario dell’opera, ha deciso di pubblicarla in un unico volume. Inevitabili le polemiche, ma molti gliene sono stati grati. (Mica bisogna sempre rispettare le ultime volontà di un autore, viceversa non potremmo leggere buona parte dell’opera di Kafka.)

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Asturias, Asturias recensioni, Recensioni

Miguel Ángel Asturias, Week-end in Guatemala

Nel giugno del 1954, preceduto dai bombardamenti di aerei Usa e da una campagna montata dalla United Fruit Company, con il sostegno finanziario e logistico della Cia, un esercito di mercenari entrava in Guatemala dall’Honduras, stroncava la resistenza popolare e poneva fine all’esperimento di governo democratico di Jacobo Arbentz. Due anni dopo, dal suo esilio a Buenos Aires, Miguel Ángel Asturias pubblicava Week-end in Guatemala, che di quegli eventi costituisce un doloroso reportage e una potente trasfigurazione letteraria.

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Aira recensioni, César Aira, Recensioni

César Aira, Il mago

«Tutti sognano di avere dei “poteri”, ma nessuno pensa seriamente a cosa farne nella pratica.» Nessuno eccetto Hans Chans, mago argentino che possiede una facoltà unica: in scena non ha bisogno di trucchi né di assistenti, perché lui è un vero mago: gli basta desiderare qualcosa perché si realizzi, che si tratti di attraversare un muro o di «far galleggiare a mezz’aria sopra la testa degli spettatori ippopotami di nichel a grandezza naturale». Ma la logica del desiderio è perversa: pur essendo in grado di battere «quell’imbecille di David Copperfield», finora Chans si è limitato a copiare i numeri degli illusionisti, trattenuto da mille dubbi e paure, ed è «diventato uno dei tanti maghi di professione». Questa volta, però, ha deciso di presentarsi a un congresso internazionale a Panama per essere riconosciuto come «il Miglior Mago del Mondo».
Per cominciare, deve escogitare il numero destinato a consacrarlo, ma per questo conta sulla sua capacità d’improvvisare. («L’improvvisazione è l’arte della felicità», ha scritto altrove Aira) e soprattutto, impresa quasi disperata, deve trovare un programma con l’ora del suo spettacolo. Intanto, accompagnato da un giovanotto che si mette al suo servizio, visita le bellezze turistiche della città, compreso il fanoso Canale, senza rendersi conto d’indossare sempre l’abito di scena. Sta di fatto che l’unica magia cui assisteremo è il volo di uno spazzolino da denti della stanza d’hotel, seguito da un dialogo surreale con rasoio, saponetta e schiuma da barba. E nemmeno ci si aspetti un approfondimento psicologico del personaggio.
In previsione dello sconcerto che coglierà qualche lettore, e senza rivelare il finale, dove si svela la metafora, basterà dire che questo testo singolare è un raro omaggio alla scrittura da parte di un autore considerato fino a pochi anni fa (con una cinquantina di romanzi pubblicati) «il segreto meglio custodito della letteratura argentina». Bisognerà riparlarne.

 

César Aira, Il mago, tr. di Michela Finassi Parolo, Feltrinelli 2006.

(Pubblicato su Pulp, n. 61, maggio-giugno 2006)

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I sette pazzi

Perché è ancora maledettamente attuale e universale un romanzo così datato e assolutamente portegno? Forse perché il ‘29, anno della sua pubblicazione, scoppiava una crisi economica il cui fantasma viene spesso evocato anche oggi? Perché il suo protagonista, Erdosain, come molti ai nostri giorni, guadagna una miseria ed è sempre al verde? Perché i suoi sogni di piacere con le prostitute si sono generalizzati e ampliati enormemente, dai viali di periferia ai palazzi del potere? Perché le sue frustrazioni e angosce somigliano a quelle di tanti uomini dei nostri tempi? “Gli era indifferente lavorare come sguattero in un’osteria o come cameriere in un bordello. Che poteva importagli?”

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