domenica 22 luglio 1990, ore 20, buenos aires
Da un notiziario radiofonico: «Secondo una notizia dell’ultima ora, è morto in Messico, dov’era tornato a vivere da un anno, uno scrittore argentino il cui nome qui non dice niente: Manuel Puig».
– Quando se n’era andato dall’Argentina?
– Nel 1973, quando The Buenos Aires affaires, il suo terzo romanzo, fu ritirato dalla circolazione dalla censura peronista e lui ricevette minacce telefoniche.
(Avevo deciso di lasciare il mio paese per un po’, ma poi la situazione è peggiorata e per otto anni non sono potuto tornare; adesso non so, qualcosa mi dice che sarà meglio non tornare più. Probabilmente c’è stata tanta resistenza verso quel romanzo a causa della sua insistenza sul dramma della solitudine sessuale, tema che direttamente o indirettamente ci riguarda tutti, e che disturba.)
– Per me Il tradimento di Rita Hayworth, il suo primo libro, è anche il suo capolavoro e uno dei grandi romanzi della letteratura argentina.
– Di’ pure che è uno dei più originali della letteratura moderna. Lì inventa un mondo e un nuovo modo di narrare.
– L’originalità di Puig sta nei materiali utilizzati, tipi e stereotipi della cultura popolare: radiodrammi e telenovelas, il melodramma feroce dei boleri e dei tanghi, le rubriche di gossip, le notizie della stampa scandalistica, e soprattutto la pseudorealtà creata da situazioni, personaggi e sogni dei film.
– Tutto questo, però, era già stato trattato in mille modi diversi…
– Sì, ma sempre come un elemento in più di una realtà umana complessa. L’innovazione nella sua opera è che la versione artificiale e caricaturale della vita elimina e sostituisce l’altra dimensione per diventare l’unica verità.
(Inconsciamente decisi che quello che vedevo al cinema era la realtà, che il mondo era così, perché lo capivo e mi ci sentivo a mio agio. In quell’ambiente c’era giustizia. Anche lì le donne erano sottomesse, ma alla fine sulla loro tomba portavano un grosso mazzo di fiori; qualcuno premiava tanta pazienza e stupidità…)
– È tutto fatto di dialoghi. All’epoca una cosa del genere non usava. La sua musa è stata una dea della cultura popolare.
– E il titolo? Oggi perfino Stephen King ha scritto un romanzetto dove compare Rita Haywoth nel titolo, ma allora era impensabile.
– Scrisse una lettera all’attrice per chiederle l’autorizzazione a utilizzare il suo nome, dove le riassumeva la trama.
(La storia narrata nel romanzo accade in Argentina, dal 1933 al 1948, e riguarda un bambino di un villaggio della pampa dove l’unico contatto con il mondo è la fiction dei film. Il bambino comincia a vivere solo quando si spengono le luci in sala e compaiono i nomi delle star sullo schermo. E quelle star entrano a far parte dei suoi conflitti interiori.)
– Lui ha sempre ammesso che contiene abbondante materiale biografico.
(Oui. Toto c’est moi.)
– Sapevi che è nato da un copione andato a monte, scritto a tempo perso quando lavorava negli uffici dell’Air France all’areoporto La Guardia di New York?
(Avevo vissuto negli Usa dal ‘63 al ‘67, nel periodo del movimento hippy, che era stato una cosa molto grossa e importante, e vederlo morire era uno spettacolo che non potevo sopportare.)