Quando mi è stato proposto di tradurre La higuera (Il fico), di Ramiro Pinilla conoscevo solo Aquella edad inolvidable, storia di una promessa del calcio costretta ad abbandonare la carriera, che conserva però fino alla fine una grande dignità. Il libro era un regalo di un’amica e collega, grande estimatrice dell’autore, che da tempo me ne raccomandava la lettura.
Confesso che il numero di pagine di quello che è considerato il suo capolavoro, la trilogia di Verdes valles, colinas rojas, mi aveva spaventato, ma la curiosità era rimasta, anche perché – afflitto come sono da una concezione romantica della letteratura – provo un’immediata simpatia per gli scrittori che nella vita hanno fatto vari mestieri, che scrivono per autentica vocazione e non per rispettare scadenze, in perfetta solitudine, indifferenti ai maneggi delle conventicole editoriali. E Pinilla rientra a pieno titolo in questa schiera. Infatti ha lavorato come macchinista su una nave, poi in una fabbrica di gas e infine come redattore presso una casa editrice, mentre scriveva di nascosto e nello scarso tempo libero che gli lasciavano gli impegni familiari. Il che rende ancora più ammirevole la sua vasta opera: oltre venti romanzi e due raccolte di racconti.
Continue reading