Se n’è andato anche Carlos Fuentes. Nel maggio del 2002 ho avuto occasione di intervistarlo per la rivista Pulp, nel giardino dell’albergo milanese in cui soggiornava in occasione della pubblicazione in Italia del suo romanzo Le relazioni lontane. Saranno state le cinque di pomeriggio e lui era reduce da una lectio magistralis all’Università cattolica. Per di più, ero l’ultimo di una serie di intervistatori e me lo immaginavo stanco e scarsamente motivato. Invece mi sono trovato di fronte una persona rilassata e molto bendisposta. Si è illuminato in volto quando ho detto all’interprete che non c’era più bisogno di lei e non ha fatto obiezioni alla presenza del microfono. Poi, sorseggiando il suo whisky con ghiaccio, ha cominciato a rispondere di buon grado alle mie domande. A seguire il testo dell’intervista preceduto da una breve introduzione.
Interviste
Category Archives: Interviste
Io non ho mai avuto paura della morte
Il testo è la trascrizione il più possibile fedele della registrazione dell’intervista che feci a Bolaño alla Fiera del Libro di Torino nel maggio del 2003, pochi mesi prima che morisse. La registrazione fu effettuata nello stand della casa editrice Sellerio, e in qualche punto i rumori di fondo, l’abbassamento di voce o le interruzioni rendono incomprensibili alcune parole o brevi frasi. In questi casi, molto a malincuore, mi sono dovuto arrendere e sono stato costretto a operare qualche taglio. Una versione parziale dell’intervista, un po’ frettolosa per esigenze dei tempi di pubblicazione e ridotta per motivi di spazio, è apparsa sul n. 44 della rivista Pulp libri (con un’aggiunta successiva, nel 2007) e poi sul sito online dell’Archivio Bolaño.
Molti critici hanno paragonato I detective selvaggi a Rayuela (Il gioco del mondo) di Julio Cortázar. In effetti, oltre a essere entrambe opere con una struttura aperta, presentano assonanze non solo formali. Ti eri forse proposto di scrivere la Rayuela degli anni Novanta?
Le avanguardie sono sempre attuali Intervista a César Aira
Bisogna risalire al 1991 per trovare il primo romanzo di César Aira pubblicato in Italia (Ema la prigioniera, tr. di Angelo Morino per Bollati Boringhieri). E si è dovuto attendere un bel po’ prima che la nostra editoria si interessasse nuovamente a questo scrittore che tutti si affrettano a definire “eccentrico” laddove, a ben vedere, è eccentrico soprattutto rispetto alla collocazione nel mercato editoriale. Non conosco invece altri autori che si installino oggi con tanta determinazione e consapevolezza al centro stesso dei meccanismi costitutivi della letteratura, e che affrontino con altrettanta radicalità le sfide che attendono chi intenda praticare una “nuova scrittura”, come recita il titolo di un suo pregnante intervento teorico.
Ora, con la pubblicazione di Come diventai monaca, e prima ancora di Il mago (entrambi per Feltrinelli), i lettori italiani possono finalmente cominciare a fare la conoscenza di questo scrittore argentino, classe 1949, che ha al suo attivo più di cinquanta romanzi (molti dei quali brevi, soprattutto in anni più recenti), oltre a svariati saggi e a un monumentale Diccionario de autores latinoamericanos, e che gode ormai di ampia fama a livello internazionale. Questa la buona notizia. Quella cattiva: ora che non si dedica più alle traduzioni, Aira pubblica 3-4 romanzi nuovi ogni anno, perciò, come ogni buon iceberg che si rispetti, la sua opera continuerà a restare per noi in gran parte sommersa. Le cose, del resto, vanno appena meglio per chi legge lo spagnolo, dato che molti suoi romanzi sono usciti per case editrici effimere, dai nomi pittoreschi e dalle tirature succinte, e questo, si badi bene, non solo quando era pressoché sconosciuto, ma anche dopo che era stato “scoperto” e lanciato da grossi editori. Sovrana indifferenza (o disprezzo) per le regole e le consuetudini del mercato editoriale? Perfida strategia per invadere tutti gli spazi possibili?