Non ricordo come entrai in contatto con Gustavo Escanlar, scrittore, giornalista, critico musicale e conduttore di programmi televisivi uruguayano deceduto il 12 novembre 2010 a soli 48 anni. Forse tramite il suo amico e connazionale Gabriel Peveroni. Fino a quel momento avevo letto solo alcuni suoi racconti presenti in importanti antologie internazionali: Gritos y susurros, che compariva nella celebre McOndo, curata da Alberto Fuguet e Sergio Gómez e pubblicata dalla Mondadori spagnola nel 1996; Una fiesta popular, in Líneas Aéreas, della casa editrice spagnola Lengua de trapo, del 1999; e Pequeño diccionario Spanglish ilustrado, in Se habla español. Voces latinas en Usa, curato da Edmundo Paz Soldan e Alberto Fuguet per Alfaguara, del 2000, e edito anche negli Stati Uniti.
Escanlar, molto gentilmente, mi inviò tutti i suoi libri e così cominciai a farmi un’idea più precisa di cosa si muoveva nell’underground di Montevideo. Oltre a Crónica roja. Los crímenes que estremecieron a los uruguayos, un excursus impressionante nei fatti di cronaca nera uruguayani dal 1770 al 2000, Escanlar aveva pubblicato due raccolte di racconti e testi ibridi di sapore pop e pulp: Oda al niño prostituto, del 1993, e No es falta de cariño, del 1997, con alcune illustrazioni tratte da fumetti porno. A colpirmi di più comunque furono due romanzi: Estokolmo (pubblicato nel 1998 da Grijalbo Mondadori in una collana dove erano già comparsi romanzi di Virginie Despentes, Poppy Z. Brite, Aldo Nove e Gus Van Sant) e il sequel Dos o tres cosas que sé de Gala, ripubblicato più tardi in Spagna con il titolo La alemana.