Sul Diccionario de autores latinoamericanos di César Aira


Lettore compulsivo e onnivoro, per di più affascinato dall’idea della conoscenza enciclopedica, Aira non poteva risparmiarsi il piacere di fare un’incursione nella letteratura latinoamericana, escludendo i contemporanei, e dopo anni di appunti ha pubblicato nel 2001 il suo Diccionario de autores latinoamericanos con Emecé-Ada Korn editora. Come scrive nell’Avvertenza, si tratta di un “lavoro del tutto personale e domestico, l’accumulazione di commenti di lettura e annotazioni di un ricercatore appassionato”, che è un Dizionario “solo perché è ordinato alfabeticamente. Non aspira a essere esaustivo né sistematico. Anche se può essere di qualche utilità per lo studioso, si rivolge piuttosto al lettore, e in particolare ai cercatori di tesori occulti. È con questa intenzione che mi dilungo su scrittori sconosciuti o dimenticati, e molto di più sul passato che sul presente”. Segue un postscriptum, in cui l’autore spiega che il manoscritto è rimasto in un cassetto per quindici anni. In realtà, al momento, le voci che ho tradotto riguardano i premi Nobel latinoamericani e gli autori che sono entrati nel catalogo della casa editrice Sur, ma in futuro conto anche di presentare alcuni dei “tesori occulti” di cui parla Aira.

Aira dizionario, César Aira

Gabriela Mistral di César Aira

Il suo nome era Lucila Godoy Alcayaga. Costruì il suo pseudonimo con il nome dell’arcangelo Gabriele e il cognome del poeta Frédéric Mistral, che ammirava. Nacque nel 1889 a Vicuña, nella provincia di Coquimbo, figlia di un umile maestro di campagna che aveva scritto poesia. Sosteneva che la nonna paterna era ebrea (secondo Eduardo Barrios, la Mistral fu uno “spirito essenzialmente ebraico”). Anche lei divenne maestra, in seguito a una vocazione che si manifestò fin dall’infanzia. Fra il 1904 e il 1922 esercitò il magistero, prima in scuole di campagna, poi nelle medie di tutto il paese. Esordì come poetessa con i “Sonetos de la muerte”, con cui vinse i Juegos Floreales di Santiago nel 1914. Si dice che la sua poesia sia nata da un’esperienza tragica: il suo fidanzato, Romelio Ureta, un impiegato delle ferrovie, si suicidò nel 1909 poco dopo aver rotto il fidanzamento. Indebolisce questa leggenda la circostanza che lei nel 1910 avesse un altro fidanzato, un giovane “moro e obeso” con il quale fu sul punto di sposarsi, ma poi si tirò indietro all’ultimo momento, mentre era già in viaggio per la città dove sarebbero state celebrate le nozze, considerando che era troppo brutto. (Parecchi anni dopo vi fu un altro suicidio misterioso nella sua vita, quello di un ragazzo che lei chiamava Yin-Yin, che forse era suo figlio, o un figlio adottivo, o un nipote.) Nel 1922 l’Instituto de las Españas di New York pubblicò il suo primo libro, Desolación. Nel 1924 si recò in Messico, assunta da Vasconcelos per collaborare alla riforma dell’istruzione. Da allora viaggiò costantemente; il governo cileno la nominò console vitalizio senza sede fissa. Diede conferenze, assistette a congressi, lottò per migliorare la condizione delle donne e dei bambini e collaborò con quotidiani e riviste cileni e del continente. Nel 1925 apparve il suo secondo libro, Ternura, e nel 1938 Tala, e con il ricavato delle vendite volle aiutare i bambini baschi orfani di guerra. Continuò a viaggiare, e i premi e gli omaggi, il più importante dei quali fu il premio Nobel nel 1945, non le diedero pace. Nel 1954 publicò Lagar e visitò il Cile per l’ultima volta. Morì negli Stati Uniti nel 1957, a sessantotto anni.

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Pablo Neruda di César Aira

Ricardo Eliecer Neftalí Reyes nacque a Parral, a sud di Santiago, nel 1904; la madre era maestra e morì due mesi dopo averlo dato alla luce; il padre, impiegato nelle ferrovie, portò il bambino a Temuco, nel sud del Cile e si risposò nel 1906 con quella che diventò l’amatissima “mamadre” del poeta. Neruda scrisse fin dall’adolescenza e nel 1921, dopo essersi diplomato al liceo di Temuco, si trasferì a Santiago per continuare gli studi. Già da allora era “Pablo Neruda”, pseudonimo formato dal cognome dello scrittore cecoslovacco Jan Neruda e dal nome preso probabilmente da Verlaine, oppure per motivi di eufonia (Pablo de Rokha, il più tenace avversario di Neruda, insistette per tutta la vita sul fatto che gli aveva rubato slealmente il nome.) Nel 1923 comparve il suo primo libro, Crepusculario, e nel 1924 i Veinte poemas de amor y una canción desesperada, il cui successo immediato costituì la sua consacrazione. Seguirono Tentativa del hombre infinito (1925), El habitante y su esperanza (1926), un romanzo breve di contrabbandieri, amori e vendette, e Anillos (1926), in collaborazione con il suo compagno di studi Tomás Lago. Nel 1927 fu inviato come console a Rangoon, in Birmania (pare che la scelta del luogo sia stata del tutto casuale), dove per due anni patì ristrettezze di varia natura; nel 1929 fu trasferito a Ceylon, dove la sua situazione migliorò leggermente, e l’anno successivo a Singapore. Lì sposò un’olandese con remote origini malesi, María Antonieta Haagenar, e completò la redazione di Residencia en la tierra, il suo libro migliore, che inviò in Spagna, dove alcuni suoi ammiratori, fra cui Rafael Alberti, si occuparono di farlo pubblicare.

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Juan Carlos Onetti di César Aira

Nacque a Montevideo nel 1909. Dal 1931 visse a Buenos Aires, dove fece diversi lavori finché approdò al giornalismo, che divenne la sua professione più costante. Tornato a Montevideo, fra il 1939 e il 1941 diresse la rivista «Marcha», a cui rimase legato fino alla definitiva chiusura nel 1974; in quell’anno, dopo un penoso episodio poliziesco, Onetti si stabilì in Spagna, dove morì nel 1994. Il suo primo libro fu El pozo (1939), un romanzo molto breve che non sfigura rispetto all’opera matura dell’autore; è una storia che combina scrittura, fantasticheria e fallimento, i tre elementi fondamentali di Onetti. Tierra de nadie (1942) e Per questa notte (1943), a cui bisogna aggiungere Tiempo de abrazar, scritto prima dei precedenti, perduto, ritrovato e pubblicato nel 1974, sono prove straordinarie in cui si combinano le influenze di Faulkner, Dos Passos e Arlt. In La vita breve (1950), un romanzo lungo, compare lo scenario in cui si svolgerà il resto della sua opera: la città immaginaria di Santa María. Santa María è due volte immaginaria, perché nel romanzo sorge dalle fantasticherie di Brausen, un personaggio che riapparirà in narrazioni successive come fondatore, o padre della patria o direttamente Dio. (Occorre osservare che tutto il resto dell’opera di Onetti si sviluppa in questo secondo piano, di finzione dentro la finzione.) Un sueño realizado (1951) è il titolo del suo primo volume di racconti, genere nel quale fu altrettanto magistrale che nel romanzo. Gli addii (1954), Per una tomba senza nome (1959), La cara de la desgracia (1960) e Triste come lei (1963) sono romanzi brevi, fra le cose migliori che scrisse. Il cantiere (1961), romanzo, è stata giudicata la sua creazione più perfetta; è allucinatoria, poetica, più ricca di elementi onirici di altre opere dell’autore. Fu seguita da El infierno tan temido (1962), una raccolta di racconti, Raccattacadaveri (1964), romanzo, Jacob y el otro y otros cuentos (1965), La muerte y la niña (1973), romanzo breve, e il sorprendente romanzo lungo, di nuovo uno dei suoi migliori, Lasciamo che parli il vento, del 1980, anno in cui ricevette il premio Cervantes. Onetti trascorse i suoi ultimi anni di vita a Madrid, prostrato, e pubblicò altri due romanzi brevi: Cuando entonces (1987) e Quando ormai nulla più importa (1993).

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Octavio Paz di César Aira

Octavio Paz nacque a Città del Messico nel 1914. Scrisse poesie fin da giovanissimo; a diciassette anni fondò la prima di numerose riviste: Barandal; due anni dopo, Cuadernos del Valle de México. Fra il 1936 e il 1938 collaborò a Taller poético, che nell’ultimo anno si trasformò in Taller e avrebbe dato il nome alla generazione che cominciò a pubblicare sulle sue pagine (oltre a Paz: Efraín Huerta, Neftalí Beltrán, Alberto Quntero Álvarez e Rafael Solana); Paz diresse Taller dal quinto numero fino alla cessazione delle pubblicazioni nel 1941. Nel 1943 fondò un’altra rivista, El hijo pródigo. (Nel 1971 fondò e diresse Plural, fino al 1976, e subito dopo Vuelta, due riviste di grande diffusione in tutto il mondo di lingua spagnola.) Collaborò anche con la Revista Mexicana de Literatura e nel 1955 diede vita al gruppo Poesía en Voz Alta, che riunì poeti e drammaturghi. Nel 1937 era nella Spagna in guerra, all’inizio degli anni Quaranta visse negli Stati Uniti e nel 1945 entrò nel servizio diplomatico. Nel 1952 fece il suo primo viaggio in Oriente e fra il 1962 e il 1968 fu ambasciatore in India. Vinse numerosi premi: Il Gran Premio Internazionale di Poesia (1964), il Maldoror della casa editrice Seix Barral (1969), il Gran Premio dell’Università di Gerusalemme (1977), il Premio dell’Aquila d’oro di Nizza (1979), l’Ollin Yollitzli del Messico (1980), il Cervantes (1982) e quello dei Librai tedeschi (1984). Nel 1990 vinse il premio Nobel. Morì nel 1998.

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Sergio Pitol di César Aira

Sergio Pitol (Messico) Puebla, 1933. Ha seguito gli studi universitari a Città del Messico e poi a Roma; è stato traduttore a Pechino e Barcellona, professore universitario nella sua patria e in Inghilterra, e diplomatico a Varsavia, Budapest, Parigi, Mosca e Praga. Ha scritto un libro di saggi sulla letteratura inglese, un’antologia del racconto polacco, e ha realizzato innumerevoli traduzioni, fra gli altri di Gombrowicz (che lo scelse come suo traduttore in spagnolo), Henry James e Conrad. Ha fatto il suo apprendistato di narratore con vari volumi di racconti, densi e vernacolari, Tiempo cercado (1959), El infierno de todos (1964), Los climas (1966). Ma la rivelazione del suo stile maturo è venuta con il suo primo eccellente romanzo, El tañido de una flauta (1972), di ambientazione internazionale e con una trama di nitido taglio jamesiano, su diversi piani, nei quali si succedono le frustrazioni di due vocazioni artistiche, la resurrezione della vita nell’arte, gli occultamenti della verità nel destino, il tutto in una composizione di grande rigore ed eleganza.

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