Ciencia ficción, il termine spagnolo che traduce l’inglese science-fiction, non fu coniato in Spagna, bensì in Argentina, dove comparve per la prima volta nel 1955, mentre occorrerà attendere il 1960 per trovare l’espressione sulla copertina di una collana editoriale specializzata spagnola.
Tralasciando i racconti di viaggi fantastici sulla Luna e alcuni scritti di carattere utopistico che potrebbero essere considerati remote anticipazioni, i primi vagiti di una letteratura di ciencia ficción in Spagna si possono far risalire al 1843, anno della pubblicazione di Ayer, Hoy y Mañana (Ieri, oggi, domani) di Antonio Flores, dove si viaggia su un mezzo di trasporto che assomiglia molto a una metropolitana. Pochi anni dopo, nel 1887, si stampava El anacronópete, di Enrique Gaspar, che precedette di otto anni H.G. Wells con l’invenzione di una macchina per viaggiare nel tempo.
Uno degli autori più importanti che verso la fine dell’Ottocento segnarono gli esordi del genere fu Nilo María Fabra, nei cui racconti, che celebrano soprattutto il trionfo dell’elettricità, figurano numerose invenzioni tecnologiche: il fonografo, il telefono e persino la televisione (telefotoidoscopio). Dal complesso dell’opera di Fabra emerge anche un aspetto che lo accomuna alla grande maggioranza degli scrittori che sconfinano nel fantastico in questo periodo, e che rappresenta del resto una costante in tutto lo sviluppo successivo della fantascienza spagnola: la preponderanza della tematica politico-ideologica (di stampo nettamente conservatore, salvo rarissime eccezioni). Di qui la proliferazione di scritti satirici e anti-utopistici che, pur esaltando le conquiste tecniche e scientifiche e le prospettive di progresso, non esitavano a polemizzare ferocemente con il “corrotto democraticismo liberale” o le “follie dell’anarchismo”.
Se si considera che la vocazione prevalente della letteratura spagnola è sempre stata verso il realismo (non bisogna lasciarsi trarre in inganno da qualche episodio fantastico del Don Chisciotte), non stupisce che il genere fantascientifico nella penisola iberica sia nato dal matrimonio tra due forme letterarie “popolari”: gli scritti di divulgazione scientifica e quelle narrazioni che oggi chiamiamo “fantapolitica”. E in fondo non stupisce nemmeno che la critica letteraria ufficiale, quasi senza eccezioni, tolto il nome di Fernando Savater, abbia sempre ignorato con un certo sdegno gli scrittori che si sono dedicati al genere fantascientifico o fantastico in senso lato. Come scrive il critico Eugenio Sánchez Arrate: «In passato grandi figure della critica letteraria spagnola, come Menéndez Pidal, Joaquín Costa, Ortega y Gasset, uomini che hanno avuto una grande influenza sui destini e i parametri critici della nostra letteratura, hanno stabilito una barriera ufficiale contro il romanzo fantastico e qualsiasi riferimento non realista nella scrittura creativa».
Un altro esponente di rilievo degli esordi e di questa tendenza alla popolarizzazione di temi legati al progresso tecnico e scientifico è José de Elola y Gutiérrez, considerato da alcuni il Jules Verne spagnolo, anche perché l’influenza di Verne sulla sua produzione è evidente, soprattutto negli intenti didattici. Si scelse lo pseudonimo di Colonnello Ignotus e nel 1921 inaugurò il primo tentativo di dare vita a una collana di letteratura fantastica. E una certa fortuna gli arrise, tant’è che ancor oggi uno dei premi annuali più ambito nel genere si chiama proprio Ignotus. Sostenitore di una Federazione Ispanoamericana, ferocemente avverso all’influenza e alla mentalità anglosassone e nel contempo critico del comunismo, il Colonnello Ignotus era un patriota, un conservatore in politica e in religione. Fra i suoi numerosi romanzi, una trilogia che ricostruisce la storia di una spedizione spaziale su Venere guidata da una scienziata aragonese. Accanto a lui bisogna ricordare Jesus de Aragon y Soldado, che usava lo pseudonimo Capitano Sirius e privilegiava maggiormente l’azione e l’avventura a scapito degli aspetti di divulgazione scientifica. Nel romanzo Una extraña adventura de amor en la Luna affida il ruolo di protagonista e voce narrante al celebre astronomo Camillo Flammarion.
Non mancano le incursioni nel genere di alcuni autori del cosiddetto mainstream, dal tormentato Miguel de Unamuno, che nel 1913 pubblica Mecanópolis, al surreale Ramon Gomez de la Serna, che affrontò il tema dell’energia atomica con El dueño del átomo (Il padrone dell’atomo), fino a Wenceslao Fernandez Flores, che raccontò con toni umoristici la ribellione delle automobili in una società del futuro in El hombre que compró un automovil (Il tema viene ripreso nel racconto di Domingo Santos, Gira, gira…). Comunque, bisognerà arrivare alla proclamazione della Repubblica, nel 1931, per vedere pubblicati i primi racconti di scrittori di fantascienza statunitensi, e come scrive Carlos Sainz Cidoncha nelle sue Tesi sobre la ciencia ficción en España: «Nei sei anni della Repubblica il genere raggiunse in Spagna il massimo della popolarità (…) Ma con la guerra civile la produzione di romanzi di fantascienza cessò del tutto, sia nella zona nazionalista sia in quella repubblicana».
Questo silenzio era destinato a prolungarsi fino alla fine degli anni Quaranta, quando cominciarono a rispuntare timidamente traduzioni di racconti di autori statunitensi, e poi si dovette attendere l’apparizione della collana “Futuro” nel 1953, diretta da José Mallorquí Figueroa, per veder rinascere la fantascienza in versione nazionale, sia pure, e per la prima volta, per una diretta influenza anglosassone.
Mallorquí, conosciuto anche da noi per il suo personaggio “il Coyote”, iniziò come traduttore dall’inglese e aveva già avuto un certo successo di pubblico con i suoi romanzi d’azione ambientati nel West quando, in seguito a un viaggio negli Stati Uniti, ebbe una folgorazione per autori come Gernsback e Campbell. Tornato in Spagna con la convinzione che le avventure spaziali erano destinate a un grande esito sul piano commerciale, persuase un editore a pubblicare una collana dedicata esclusivamente alla fantascienza. Il suo personaggio più riuscito, protagonista di numerose avventure, era il capitano della Federazione Terrestre Pablo Rido, descritto da lui stesso come «un eroe romantico, a metà strada fra il detective privato e il mercenario, amante della libertà e dell’indipendenza».
Una delle caratteristiche della collana era l’esaltazione nazionalista del ruolo degli spagnoli, invariabilmente primi ad arrivare sulla Luna e a conquistare i diversi pianeti del sistema solare. La pubblicazione di “Futuro”, che ebbe un certo successo di vendite, si interruppe nel 1956, ma nel frattempo era già sorta un’altra collana, “Luchadores del Espacio”, che avrebbe costituito il prototipo per un importante filone della produzione editoriale complessiva del genere, quello dei romanzi di serie B, le cosiddette novelas de a duro (un “duro” era una monetina da 5 pesetas, ora fuori corso). Si trattava di romanzi brevi d’avventura, in edizioni tascabili, rivolti soprattutto a un pubblico giovane e quindi accessibili alle sue tasche.
In “Futuro” fu pubblicata la cosiddetta Saga degli Aznar, la prima space-opera spagnola, di cui uscirono 32 puntate fra il 1953 e il 1958. (Con l’aggiunta di nuovi titoli, fu riedita negli anni Settanta e nel 1978 ricevette il premio per la miglior serie di fantascienza pubblicata in Europa alla convention di Bruxelles.) Il pilota di caccia Miguel Ángel Aznar e la sua prole sono protagonisti epici di ogni sorta di avventure belliche nello spazio, sulle orme di analoghi protagonisti dei romanzi pulp americani degli anni Quaranta di scrittori come Jack Williamson o Edmond Hamilton. Del resto l’autore, Pascual Enguidano Usarch, era costretto come tutti all’epoca ad assumere uno pseudonimo anglosassone (George H. White) per vedersi pubblicare.
Il merito delle novelas de a duro, la cui lettura oggi ha evidentemente un gusto un po’ archeologico, è comunque quello di aver preparato una fucina di scrittori e di lettori. Contemporaneamente bisogna registrare il successo di alcuni personaggi dei fumetti (negli anni Trenta era già sbarcato sulla penisola iberica Flash Gordon), come il comandante Diego Valor, le cui strisce arriveranno a tirature di 125.000 copie e che scomparirà definitivamente solo nel 1964.
(continua…)
(Pubblicato su “Futuro Europa”, n. 28, 2001)