Nacque nel 1892 a Santiago de Chuco, paese del nord del Perù, da dove si trasferì a Huamachuco per studiare, e di lì a Lima, nel 1908, dove intraprese la carriera di Medicina senza poi proseguirla. Tornò presto nel nord e si iscrisse alla facoltà di Lettere dell’Università di Trujillo; si laureò nel 1915 con una tesi su «Il romanticismo nella letteratura spagnola». All’epoca frequentava il gruppo letterario Norte di Trujillo e familiarizzò con i poeti modernisti, con Whitman e i simbolisti francesi. Già allora la sua poesia aveva richiamato l’attenzione. Nel 1918 era di nuovo a Lima, iscritto all’Università di San Marco per seguire i corsi del dottorato in Lettere. Si legò agli scrittori del gruppo «colónida» [movimento letterario peruviano in polemica con l’accademismo spagnolo; ndt], il cui leader, Valdelomar, incoraggiò Vallejo. Nel 1919 apparve il suo primo libro di poesie, Los heraldos negros. Un anno dopo tornò a Santiago del Chuco per fare visita alla famiglia; poco prima era morta sua madre. Questo viaggio, le cui risonanze affettive sono alla base di uno degli straordinari raccconti di Vallejo, «Más allá de la vida y de la muerte», ebbe un esito infausto: il poeta fu cattturato, accusato di crimini e incendi, e passò vari mesi a Trujillo mentre si istruiva il processo. Nel 1922 apparve Trilce, e nel 1923 Escalas melografiadas, volume di racconti. Dello stesso anno è il romanzo breve Fabla salvaje. Nel 1923 Vallejo partì per l’Europa in compagnia del suo amico Julio Gálvez: non sarebbe più tornato in Perù. Si stabilì a Parigi, e fino al 1930 visse delle sue collaborazioni giornalistiche con le riviste di Lima Variedades e Mundial, e con il quotidiano El Comercio; scrisse un gran numero di articoli, su ogni genere di argomenti. Nel 1926, in collaborazione con Juan Larrea, editò a Parigi la rivista Favorables, a cui collaborarono poeti come Tristan Tzara, Vicente Huidobro, Gerardo Diego, Pablo Neruda. Nel 1928 fece un viaggio in Russia. Nello stesso anno aderì al Partito comunista e sposò una francese, Georgette Philipard. Nel 1929 viaggiò in Germania, Cecoslovacchia, Polonia, Austria, Ungheria e Italia, e di nuovo nell’Urss. Nel 1930 fu espulso dalla Francia per la sua affiliazione politica e si stabilì in Spagna, dove comparve quello stesso anno la seconda edizione di Trilce, con il prologo di José Bergamín. Nel 1931, sempre in Spagna, fu pubblicato il suo romanzo Tungsteno; e un libro d’informazione politica, Rusia en 1931. In quell’anno andò in Russia per la terza volta. Tornò a Parigi e scrisse numerosi racconti, saggi, e tre opere teatrali, tutto materiale che rimase inedito o venne pubblicato parzialmente in riviste. Nel 1936-37 rimase per un breve periodo in Spagna, dove stava crollando la Repubblica, e pubblicò (stampata dai soldati dell’esercito repubblicano dell’Est) España, aparta de mí este cáliz, una raccolta di quindici poesie. L’edizione fu distrutta dalle truppe franchiste dopo la caduta della Catalogna, e il libro si conobbe solo nel 1940 grazie a un’edizione messicana. Di ritorno a Parigi, e dopo una dolorosa malattia, Vallejo morì nell’aprile del 1938. Un anno dopo la sua vedova pubblicò con il titolo Poemas humanos le poesie scritte fra il 1932 e il 1938. In Los heraldos negros compare già la caratteristica di Vallejo, quella rarefazione del linguaggio e del pensiero, qui ancora art nouveau, ma assoggettata a una tematica di fine secolo. Il momento più alto del poeta è Trilce, che sembra scritto in una lingua straniera, e la cui seduzione non ha mai smesso di crescere. Nei cosiddetti Poemas humanos e nel libro spagnolo, pur straordinari, prevale un patetismo che, benché abbia fatto molto per la popolarità di Vallejo, segna un passo indietro rispetto al carattere più originale e radicale della sua poesia.
La sua opera in prosa non è meno degna di lettura della sua poesia. Escalas melografiadas, che riunisce racconti scritti in differenti epoche e circostanze, è diseguale ed esitante; la prima parte, «Cuneiformes», basata sulla sua esperienza in carcere, usa la metafora dell’iscrizione fra le quattro pareti di una cella. Sono giustamente famosi i racconti «Más allá de la vida y de la muerte», corsa a staffetta di vivi, morti e risuscitati alla quale, anticipando L’assassinio di Roger Ackroyd, partecipa lo stesso narratore; e soprattutto «Cera», l’ultimo, su un baro cinese che usava dadi magici. Fabla salvaje, romanzo breve di una cinquantina di pagine, è magistrale, tortuoso e strano, freudiano, sul tema del doppio demoniaco, in un ambiente rurale di un mondo primitivo. Hacia el Reino de los Sciris, scritto nel 1928, rimase incompleto e inedito, ed è un fallito romanzo incaico, di un esotismo che risulta quasi decadentista, sicuramente a dispetto delle intenzioni dell’autore. Tungsteno, romanzo indigenista-leninista, di militanza e propaganda, ha virtù e difetti in parti uguali. Il suo sfasamento, e il fatto che finisca senza riferirsi affatto allo sfruttamento dei minatori, è il suo merito principale. Infine, Paco Yunque, racconto del primo giorno di scuola di un bambino indio, che rimase inedito ma a quanto pare concluso, è uno dei capolavori di Vallejo. Rimase anche inedito, ma non completato, in realtà appena abbozzato, un libro di riflessioni sulla letteratura, Contra el secreto profesional. Le opere di teatro sono Colacho Hermanos, di tematica affine a Tungsteno, e La piedra cansada, incaica.